di MARCELLO VENEZIANI
Libero 2 dicembre 2007
Ma come sono buoni, Veltroni e Berlusconi. Più che buoni. Benigni. È stato lui, il Santo Patrono d'Italia, a sciogliere il ghiaccio tra i due Antagonisti e a riportarli uniti nella loro casa naturale, il video. Parlando del suo mirabile spettacolo fra Dante e Mastella, è sbocciato l'idillio tra Silvio e Walter: Galeotto fu lo show e chi lo scrisse. Per più fiate li occhi ci sospinse... Ma solo un punto fu quel che ci vinse... Benigni è il loro punto di sintesi perché entrambi si sforzano di sprizzare come lui ottimismo, entrambi come lui narrano che la vita è bella ed entrambi prendono in braccio la gente, seppure in modo figurato. Benigni è l'ideologo del loro compromesso, come Celentano è il precettore di Prodi e Beppe Grillo è l'erede universale delle opposizioni. Hanno smesso di considerarsi a vicenda cancri per il nostro Paese, preferiscono ora pensarsi come tumori Benigni. C'è qualcosa che li avvicina, quasi li unisce, nonostante siano lontani anni luce per indole e biografia. Qualcosa che non c'era ad esempio nel feeling tra Berlusconi e D'Alema o in quello più recente tra Veltroni e Fini o Casini. A vederli l'altro giorno insieme ho avuto questa strana impressione: mi è parso che tra i due ci fosse come un rapporto di parentela, seppure perverso. Così lontani così vicini in videoMa che c'entrano, lui milanese e lui romano, l'uno imprenditore e commerciante, l'altro politico e sinistrese, uno pratico e un po' caimano l'altro etico e un po' triglia, uno cinquantenne, l'altro settantenne, uno già democraxiano l'altro già comunista, uno bushista e l'altro kennediano... Dove può essere la parentela? Non so, ma li percepivo come zio e nipote, un po' come Paperone e Paperino. Avvertivo un legame. Qualcosa li lega, ma cosa? Che sono tutti e due figli del sogno americano, chi in un modo e chi nell'altro. Sì, fuochino. Che sono tutti e due postideologici, simulano il gergo dell'autenticità, sono piacioni. Vero, fuochino... Che sono comunicatori, che alla storia preferiscono la fiction, che alla cultura preferiscono lo spettacolo... Ecco, quasi ci siamo. Là mi è venuta un'immagine rivelatrice, un'apparizione: Mike Buongiorno. Avrete letto, avrete visto, avrete seguito Mike da Vespa. Ogni volta che presenta il suo libro autobiografico, Mike ringrazia con perfetto senso del bipolarismo o dell'opportunismo, fate voi, due persone: il padre di Veltroni e Silvio Berlusconi. E ogni volta appare la faccia del Cavaliere e la voce del piccolo Walter. Ecco, ci siamo: Mike, i quiz, l'America, la tv... Veltroni e Berlusconi sono nati dalla televisione, la loro incubatrice è il piccolo schermo. Entrambi si occupano, seppure da versanti diversi, di fiction e di cinema, uno con la Medusa e le berlusconate e l'altro con la festa e le veltronerie. Sono due leader televisivi. Berlusconi ha inventato la tv commerciale in Italia, Veltroni nacque in tv, suo padre era un ottimo dirigente della Rai delle origini, anche se omettono di aggiungere che Vittorio Veltroni si formò nell'Eiar fascista e fu il radiocronista entusiasta della visita di Hitler in Italia. Eccoli, i Romolo e Remo dello stesso ramo. Il loro linguaggio è pensato per gli spot e per i titoli dei tg, il loro occhio cerca le telecamere come il pupo cerca la tetta da ciucciare, credono che la realtà sia un'imitazione della tv, che l'essenza della verità sia lo share. Per carità, mi piace che si siano parlati e perfino che siano parenti. A vederli insieme sono stato contento. Perché si apre una stagione più civile di dialogo, meno cattiva, più rispettosa. Perché bisogna pur stabilire regole comuni, a cominciare dalla riforma elettorale, bisogna pur mettersi d'accordo su come giocare la partita. E poi perché il loro incontro indebolisce e azzoppa, se non fosse già fragile e claudicante di suo, il governo Prodi e manda una bella scossa agli alleati infidi di ambo i versanti, ai cespugli, i cecchini e le frattaglie. Così si fa, in una vera democrazia, perbacco; ci si incontra e si stabilisce che da domani in poi saremo avversari e non nemici, ci combatteremo senza disprezzarci, lavoreremo per un bipolarismo che vuole diventare bipartitismo. Bello, bello. Straniero in patria.Però, mi resta in bocca un riso amaro. C'è qualcosa che non mi piace, che non mi lascia felice e contento. A parte la diffidenza sugli esiti e sulle buone intenzioni. No, c'è altro. Non so voi, ma io in questo Paese mi sento ogni giorno più straniero, e capisco sempre meno gli usi e perfino la lingua: i nemici di oggi sono gli amici di ieri e viceversa, le pessime idee del sabato sono le magnifiche idee della domenica, si è proporzionalisti nei dispari e maggioritari nei pari, non fai in tempo ad iscriverti ad un partito che il suo stesso capo ne fonda uno concorrente al precedente, non fai in tempo a congratularti per aver trovato un Amico e un Nemico che i due si mettono d'accordo e tu resti lì come un fesso, a cercar di capire se devi considerarli amici ambedue o nemici entrambi, o se considerarli semplici conoscenti. Sono cresciuto in un Paese in cui l'opposizione al sistema non la faceva Beppe Grillo ma Giorgio Almirante, le prediche le faceva Pier Paolo Pasolini e non Adriano Celentano, i Nobel italiani li prendeva Eugenio Montale e non Dario Fo, nel mondo ci conoscevano per Fellini o Visconti e non per Nanni Moretti, e Dante in tv lo recitava Ungaretti e non Benigni. E mi lamentavo perché mi sembrava il peggiore dei mondi possibili... E ora che dobbiamo dire? Auguri Signori Beltroni, per i vostri benigni amplessi. Però, che ci facciamo su questo set di reality show?
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