"Legalità e sicurezza precondizioni essenziali per lo sviluppo del Mezzogiorno"
Il segnale che in queste settimane è stato dato dagli imprenditori meridionali di Confindustria è prezioso per il futuro del Mezzogiorno d'Italia. La volontà di rompere qualsiasi tolleranza verso chi subisce i ricatti del mondo mafioso significa scegliere, senza se e senza ma, per un assoluto ed intransigente rispetto della legalità. E' da sempre una convinzione profonda di Alleanza Nazionale: la legalità e la sicurezza sono le pre-condizioni essenziali e determinanti per permettere lo sviluppo e il riscatto delle regioni meridionali.
Non a caso il nostro Partito ha organizzato in questi giorni a Napoli una Conferenza nazionale sui problemi del Mezzogiorno intitolata "Svolta a Sud: più Stato, più Mercato".
In questi ultimi anni è mancata una analisi approfondita ed equilibrata in grado di mostrare la stretta interdipendenza tra lo sviluppo del Nord e quello del Sud e quindi di far capire che siamo di fronte ad un'unica questione: quella dello sviluppo nazionale di tutta l'Italia. Un Sud più forte e più produttivo, costituisce una grande opportunità per la crescita del Nord.
Secondo l'ultima indagine Istat sulla povertà relativa in Italia, l'11,1% delle famiglie italiane vive in condizioni di povertà (Fonte ISTAT 2006). Tale quota è il risultato di situazioni fortemente differenziate tra le due ripartizioni geografiche: si passa dal 5,7% del Centro-Nord al 22,6% del Mezzogiorno.
E' passato un anno dall'annuncio a Caserta da parte del Governo del nuovo rilevante impegno verso le aree in ritardo di sviluppo. Di quel Quadro Strategico Nazionale 2007-2013, che allocava risorse comunitarie di co-finanziamento e risorse nazionale per le aree sottoutilizzate pari a 120 miliardi di euro (di cui l'85% nelle regioni meridionali), ne abbiamo perso le tracce. Il dato è molto grave se si considera che è l'ultima volta che l'Italia potrà usufruire di tali rilevanti risorse comunitarie per lo sviluppo regionale.
L'attuale Governo di centrosinistra ha fino ad oggi clamorosamente disatteso le richieste pervenute sia dalla Conferenza delle Regioni meridionali che da tutte le parti sociali per l'attuazione nelle regioni "Obiettivo 1" di regimi fiscali differenziati e di vantaggio.
Ma anche la risposta del "federalismo regionale" è stata assolutamente deludente.
Intendiamoci: nessuno nega il ruolo delle Regioni e delle autonomie locali per realizzare esperienze di sviluppo fortemente radicate nel territorio e per far crescere classi dirigenti politiche ed istituzionali autonome rispetto ai condizionamenti del centro.
Ma le Regioni meridionali da sole non ce la possono fare ad innescare un ciclo di sviluppo e di crescita civile, profondo e risolutivo di fronte al divario che oggi esiste tra il Nord e il Sud. I problemi sono di carattere nazionale, le sfide hanno una portata storica, la globalizzazione e l'integrazione europea aumentano il distacco tra le "due Italie".
Accantonando le vecchie polemiche tra "federalisti" e "statalisti", occorre riaffermare il ruolo centrale dello Stato nella nuova strategia meridionalista, per rispondere al bisogno sempre più avvertito dai cittadini di una maggiore presenza delle Istituzioni, da cui oggi si sentono abbandonati.
"Più Stato, più sicurezza, più sviluppo", questi tre elementi sono in stretta interdipendenza: solo uno Stato efficiente, attraverso una massiccia presenza pur rispettosa delle autonomie locali, può, infatti, garantire una incisiva lotta all'illegalità e alla criminalità.
La presenza di "più Stato" è la condizione per avere nel Mezzogiorno "più Mercato". Fuori da ogni concezione dirigista e statalista, dalla pretesa di imporre "modelli di sviluppo" rigidi e predefiniti, l'obiettivo di uno Stato forte ma snello deve essere quello di far crescere il Mercato contro tutti i condizionamenti clientelari, i monopoli e le rendite di posizione, gli inquinamenti mafiosi e criminali.
Stato e Mercato non devono più essere visti in contrapposizione, soprattutto nelle regioni in ritardo di sviluppo. La sussidiarietà, prima di essere quella "verticale" che sposta competenze dal livello nazionale a quello locale, deve essere innanzitutto quella "orizzontale" che garantisce autonomia e libera risorse verso la Società civile e verso il Mercato.
Partiamo dagli imprenditori, dalla Società civile e dal Mercato per modernizzare, a Sud più ancora che a Nord, il territorio dotandolo delle infrastrutture e le reti necessarie per partecipare alla economia globale.
Il territorio deve disporsi sempre più ad un'apertura internazionale dei sistemi economici locali, deve puntare ad una progressiva e virtuosa integrazione tra pubblico e privato, deve scommettere sulla sintesi tra locale e globale. Occorre mettere in rete il Sud che produce e crea occupazione, al fine di socializzare esperienze, trasferire know how; occorre collegare le economie regionali meridionali e settentrionali per favorirne i reciproci interessi; occorre aprire l'Italia e in particolare il Mezzogiorno agli scambi economici con l'Europa e il Mediterraneo.
E' necessario insomma avere coraggio: senza uno Stato ed un Mercato che garantiscano insieme il merito e la concorrenza, le giovani intelligenze meridionali non troveranno lavoro e non produrranno valore aggiunto, e dovranno fuggire fuori dalle regioni meridionali per conquistare il loro spazio e il loro riconoscimento.
"La rivoluzione italiana o sarà meridionale o non sarà" scriveva nell'immediato dopoguerra lo storico Guido Dorso. Eppure dall'unificazione nazionale fino ad oggi il Mezzogiorno è rimasto una "colonia interna" alla quale sono state sottratte con continuità risorse economiche ed umane a vantaggio del sistema produttivo del Nord. Alleanza Nazionale vuole di nuovo sfidare la rassegnazione e, proprio in nome del valore irrinunciabile dell'unità e dell'identità nazionale, rimettere in moto le forze profonde dello Stato e del Mercato, della legalità e della concorrenza, del merito e della solidarietà, per offrire al Mezzogiorno un destino diverso.
Il segnale che in queste settimane è stato dato dagli imprenditori meridionali di Confindustria è prezioso per il futuro del Mezzogiorno d'Italia. La volontà di rompere qualsiasi tolleranza verso chi subisce i ricatti del mondo mafioso significa scegliere, senza se e senza ma, per un assoluto ed intransigente rispetto della legalità. E' da sempre una convinzione profonda di Alleanza Nazionale: la legalità e la sicurezza sono le pre-condizioni essenziali e determinanti per permettere lo sviluppo e il riscatto delle regioni meridionali.
Non a caso il nostro Partito ha organizzato in questi giorni a Napoli una Conferenza nazionale sui problemi del Mezzogiorno intitolata "Svolta a Sud: più Stato, più Mercato".
In questi ultimi anni è mancata una analisi approfondita ed equilibrata in grado di mostrare la stretta interdipendenza tra lo sviluppo del Nord e quello del Sud e quindi di far capire che siamo di fronte ad un'unica questione: quella dello sviluppo nazionale di tutta l'Italia. Un Sud più forte e più produttivo, costituisce una grande opportunità per la crescita del Nord.
Secondo l'ultima indagine Istat sulla povertà relativa in Italia, l'11,1% delle famiglie italiane vive in condizioni di povertà (Fonte ISTAT 2006). Tale quota è il risultato di situazioni fortemente differenziate tra le due ripartizioni geografiche: si passa dal 5,7% del Centro-Nord al 22,6% del Mezzogiorno.
E' passato un anno dall'annuncio a Caserta da parte del Governo del nuovo rilevante impegno verso le aree in ritardo di sviluppo. Di quel Quadro Strategico Nazionale 2007-2013, che allocava risorse comunitarie di co-finanziamento e risorse nazionale per le aree sottoutilizzate pari a 120 miliardi di euro (di cui l'85% nelle regioni meridionali), ne abbiamo perso le tracce. Il dato è molto grave se si considera che è l'ultima volta che l'Italia potrà usufruire di tali rilevanti risorse comunitarie per lo sviluppo regionale.
L'attuale Governo di centrosinistra ha fino ad oggi clamorosamente disatteso le richieste pervenute sia dalla Conferenza delle Regioni meridionali che da tutte le parti sociali per l'attuazione nelle regioni "Obiettivo 1" di regimi fiscali differenziati e di vantaggio.
Ma anche la risposta del "federalismo regionale" è stata assolutamente deludente.
Intendiamoci: nessuno nega il ruolo delle Regioni e delle autonomie locali per realizzare esperienze di sviluppo fortemente radicate nel territorio e per far crescere classi dirigenti politiche ed istituzionali autonome rispetto ai condizionamenti del centro.
Ma le Regioni meridionali da sole non ce la possono fare ad innescare un ciclo di sviluppo e di crescita civile, profondo e risolutivo di fronte al divario che oggi esiste tra il Nord e il Sud. I problemi sono di carattere nazionale, le sfide hanno una portata storica, la globalizzazione e l'integrazione europea aumentano il distacco tra le "due Italie".
Accantonando le vecchie polemiche tra "federalisti" e "statalisti", occorre riaffermare il ruolo centrale dello Stato nella nuova strategia meridionalista, per rispondere al bisogno sempre più avvertito dai cittadini di una maggiore presenza delle Istituzioni, da cui oggi si sentono abbandonati.
"Più Stato, più sicurezza, più sviluppo", questi tre elementi sono in stretta interdipendenza: solo uno Stato efficiente, attraverso una massiccia presenza pur rispettosa delle autonomie locali, può, infatti, garantire una incisiva lotta all'illegalità e alla criminalità.
La presenza di "più Stato" è la condizione per avere nel Mezzogiorno "più Mercato". Fuori da ogni concezione dirigista e statalista, dalla pretesa di imporre "modelli di sviluppo" rigidi e predefiniti, l'obiettivo di uno Stato forte ma snello deve essere quello di far crescere il Mercato contro tutti i condizionamenti clientelari, i monopoli e le rendite di posizione, gli inquinamenti mafiosi e criminali.
Stato e Mercato non devono più essere visti in contrapposizione, soprattutto nelle regioni in ritardo di sviluppo. La sussidiarietà, prima di essere quella "verticale" che sposta competenze dal livello nazionale a quello locale, deve essere innanzitutto quella "orizzontale" che garantisce autonomia e libera risorse verso la Società civile e verso il Mercato.
Partiamo dagli imprenditori, dalla Società civile e dal Mercato per modernizzare, a Sud più ancora che a Nord, il territorio dotandolo delle infrastrutture e le reti necessarie per partecipare alla economia globale.
Il territorio deve disporsi sempre più ad un'apertura internazionale dei sistemi economici locali, deve puntare ad una progressiva e virtuosa integrazione tra pubblico e privato, deve scommettere sulla sintesi tra locale e globale. Occorre mettere in rete il Sud che produce e crea occupazione, al fine di socializzare esperienze, trasferire know how; occorre collegare le economie regionali meridionali e settentrionali per favorirne i reciproci interessi; occorre aprire l'Italia e in particolare il Mezzogiorno agli scambi economici con l'Europa e il Mediterraneo.
E' necessario insomma avere coraggio: senza uno Stato ed un Mercato che garantiscano insieme il merito e la concorrenza, le giovani intelligenze meridionali non troveranno lavoro e non produrranno valore aggiunto, e dovranno fuggire fuori dalle regioni meridionali per conquistare il loro spazio e il loro riconoscimento.
"La rivoluzione italiana o sarà meridionale o non sarà" scriveva nell'immediato dopoguerra lo storico Guido Dorso. Eppure dall'unificazione nazionale fino ad oggi il Mezzogiorno è rimasto una "colonia interna" alla quale sono state sottratte con continuità risorse economiche ed umane a vantaggio del sistema produttivo del Nord. Alleanza Nazionale vuole di nuovo sfidare la rassegnazione e, proprio in nome del valore irrinunciabile dell'unità e dell'identità nazionale, rimettere in moto le forze profonde dello Stato e del Mercato, della legalità e della concorrenza, del merito e della solidarietà, per offrire al Mezzogiorno un destino diverso.
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