Le municipalità di New York, Salt Lake City e poi di altre città americane, sembrano aver dichiarato guerra alle bottiglie di acqua minerale. Un movimento continuo, trasversale e coinvolgente ha dato vita a questa “rivoluzione”: mettere in discussione la dichiarata superiore qualità delle acque minerali su quelle di rubinetto e combattere concretamente l’invasione delle bottiglie di plastica. Molte città europee, compresa Roma, si sono unite al grido d’allarme.
Todd Jarvis – della Water Resources Graduate Program alla Oregon State University - osserva che ogni anno nel mondo si consumano 81 milioni di litri di petrolio e 600 miliardi di litri di acqua (necessari per la lavorazione della plastica) per produrre 154 miliardi di acqua minerale in bottiglia. Allo stesso tempo la lavorazione di un solo chilo di PET (poletilene tereftalato) rilascia nell’atmosfera anidride carbonica, idrocarburi, ossidi di zolfo e monossido di carbonio. Per non considerare l’inquinamento da trasporto.
Secondo la legge, l'acqua minerale – per essere considerata tale - deve provenire da riserve d'acqua sotterranee (acque di sorgente), naturali e protette da contaminazioni ed essere batteriologicamente pura. Sono permesse l'aggiunta di anidride carbonica e l'eliminazione di ferro e zolfo. Il riconoscimento ufficiale come acqua minerale da parte del Ministero della Salute avviene dopo accurate analisi (geologiche, chimiche, fisiche e microbiologiche), si esaminano anche le proprietà curative farmacologiche e medicinali. Sono prescritti controlli della qualità dell'acqua e dei processi di lavorazione e imbottigliamento da parte degli esercenti (interni) e delle unità sanitarie (esterni).
Per l’acqua “del Sindaco” si è rivolta maggiore attenzione ai contaminanti di natura antropica ed in particolare ai sottoprodotti della disinfezione. E, cosa di non poco conto, il Decreto Legislativo del 2/2/2001 stabilisce la responsabilità dell’ente di distribuzione solo fino al contatore, mentre da questo fino al punto di uso (rubinetto) è a cura del proprietario dell’immobile assicurarne la potabilità.
Dando alto valore invece alla “purezza originaria” delle acque minerali, la Direttiva 2003/40/CE non stabilisce alcun obbligo di verifica di eventuali – possibili – sostante organiche imbottigliate. In realtà la differenza di trattamento da parte del legislatore nello stabilire i limiti di tollerabilità degli elementi presenti ed i relativi controlli per le acque minerali naturali e per le acque di “rubinetto” nasce proprio dall’origine e la distribuzione delle stesse.
L’acqua del rubinetto è buona, controllata, salutare. Ma non è pubblicizzata. E siamo stupidamente portati a credere che non abbia le meravigliose qualità reclamizzate dalle multinazionali imbottigliatrici. Giganteschi gli interessi economici in gioco. L’acqua del rubinetto ci costa mediamente 60-80 centesimi a metro cubo (circa mille litri); l’acqua minerale circa 40 centesimi a bottiglia di 1,5 litri (al supermercato), quindi 250 Euro a metro cubo.
L’enorme differenza di prezzo è dovuta tutta ai costi di pubblicità, imbottigliamento e trasporto (2/3 del costo finale della bottiglia è legato alla plastica).
In base alla legge del 1927 la concessione per l’estrazione delle acque minerali si pagava in relazione agli ettari di terreno occupati per gli impianti (da 5 a 60 euro per ettaro): è stata calcolata una spesa di 50.000 Euro a fronte di un giro d’affari di 500 milioni di Euro. Il Veneto, dove si imbottiglia un quinto dell’acqua minerale italiana per un fatturato di 600 mln di euro, ne incassa tuttora dalla concessione per ettaro solo Euro 300.000.
Grazia alla riforma federalista, le Regioni stanno oggi correndo ai ripari ed hanno introdotto il principio di commisurare il canone di concessione anche ai metri cubi di acqua utilizzata: il Piemonte prevede un aumento del canone a Euro 1 mln, il Veneto a Euro 2,7 mln. Grande, e davvero senza ritegno, l’irritazione delle aziende imbottigliatrici.
Le cifre indicate dovrebbero far riflettere anche gli irriducibili dell’acqua in bottiglia.
La scelta dell’acqua di rubinetto realizza in fondo un obiettivo plurimo: ci da’ benessere e salute e determina un contenimento oggettivo delle spese familiari, oltre che quelle della collettività. Il costo di una bottiglia di 1,5 litri al giorno a persona per un anno è di 219 Euro circa, importo in cui non abbiamo aggiunto il costo collettivo per lo smaltimento del rifiuto di plastica ed il costo ambientale. Lo stesso individuo spende meno di 1 Euro se ricorre all’acqua di rubinetto. Ed a chi ancora sceglie l’acqua minerale ad esempio per il basso contenuto di sodio, rispondiamo di analizzare tutti i cibi – industriali – che arricchiscono la sua dieta: quanto sodio in ogni prodotto portato a tavola?
La scelta consapevole dell’acqua di rubinetto determina inoltre con immediatezza la riduzione della produzione di bottiglie di plastica e del loro enorme impatto ambientale.
Analisi recenti in grandi città italiane – Milano, Firenze, Torino, Bologna e Bari – dimostrano la capacità del sistema pubblico di monitorare e migliorare la qualità dell’acqua di rubinetto e la naturale spinta verso canoni ed abitudini europei.
Siamo già in tanti ad aver fatto questa scelta; è nostro compito diffondere le informazioni ed i dati oggettivi riguardanti la qualità dell’acqua di rubinetto affinché si riesca a spezzare la spirale commerciale bottiglia/acqua che tanto danno arreca.
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