domenica 29 giugno 2008

Governo, MATTEOLI (AN/Pdl) : ENTRO IL 2011 DAREMO UNA CASA A CHI NON PUO' AVERLA

Ministro, la legislatura è iniziata da poco, cosa si augura di riuscire a fare?
«Il punto che mi sta più a cuore è sicuramente quello di veder ripartire le opere infrastrutturali nel nostro Paese perché sono indispensabili per lo sviluppo. La crisi economica ha colpito tutti i Paesi, ma l'Italia ha due problemi in più da risolvere: il peso del proprio debito pubblico e il ritardo nella realizzazione di grandi opere. Questo non ci rende competitivi».

Perché?
«Il nostro sistema è in gran parte costituito da piccole e medie imprese che devono reperire materie prime, finire il prodotto e consegnarlo. È chiaro che, in questo processo, il costo del trasporto ha un'incidenza notevole. Ma anche l'industria del turismo ha bisogno di infrastrutture efficienti. Oggi si va in vacanza per pochi giorni e non si possono impiegare tempi biblici per gli spostamenti».

Potrebbe indicare alcune opere che considera prioritarie?
«Sicuramente finire l'Alta Velocità. Poi ci sono le autostrade che mancano sia al Nord che al Sud. Una cosa che ci sta particolarmente a cuore, visto che stiamo parlando di ritardi ultratrentennali, è l'autostrada Cecina-Civitavecchia. È una vergogna non sia stata ancora realizzata. Anche perché, in questo modo, si penalizza oltremodo l'economia del Lazio. Pensi che dal porto di Livorno parte solo l'1% dei prodotti destinati al mercato laziale e questo perché non esiste un collegamento diretto».

Come intendete intervenire?
«Per quanto riguarda il progetto relativo alla competenza Toscana c'è già un accordo tra l'allora ministro Lunardi e il governatore Martini e non ho intenzione di rimetterlo in discussione. Per il Lazio, invece, ho recentemente incontrato il presidente Marrazzo che si è detto disponibile a presentare quanto prima un progetto».

A quando la posa della prima pietra?
«Ricordo che nel 1970 quando fui eletto Consigliere Comunale a Livorno uno dei primi atti che feci fu un ordine del giorno a favore dell'autostrada Cecina-Civitavecchia. Sono passati 38 anni. Oggi posso dire che, se Marrazzo rispetterà gli impegni presi, poseremo la prima pietra entro la fine del 2009».

Sciolto anche il «nodo Capalbio»?
«Lo abbiamo sciolto con l'accordo Lunardi-Martini e non intendo tornare indietro anche perché a quel tempo, come ministro dell'Ambiente, feci da mediatore tra le esigenze del governo nazionale e quelle degli enti locali».

Tornando al Lazio ci sono quattro opere che attendono di essere completate: la Roma-Latina-Cisterna-Valmontone, le complanari della A24, il raddoppio della Salaria, la Orte-Civitavecchia. Il suo predecessore ha firmato dei protocolli con la Regione Lazio. Vi impegnate a mantenere gli stanziamenti?
«Anzitutto vorrei sottolineare che, quando si parla del completamento Cecina-Civitavecchia, si intende fino a Formia. Poi dobbiamo sciogliere il nodo Orte perché Viterbo è tagliata fuori. Certo, dobbiamo fare i conti con le risorse».

Passiamo all'Alta Velocità. Dopo due anni di blocco potrete finalmente rimettere mano alla Torino-Lione.
«Anzitutto è bene precisare che il tratto di cui stiamo parlando è lungo circa 50 chilometri e, solo per dieci, interessa il nostro Paese. Comunque non è vero che siamo stati fermi. Quando, durante il precedente governo Berlusconi, esplose la protesta delle comunità locali, la nostra decisione fu quella di istituire un osservatorio tecnico presieduto dall'architetto Mario Virano che fu confermato anche da Romano Prodi. Contestualmente però, ed è questo che ha rallentato i lavori, l'esecutivo di centrosinistra decise di togliere l'opera dalla legge Obiettivo. Così siamo tornati alla conferenza dei servizi. In ogni caso, in questi anni, l'osservatorio ha lavorato e si è riunito circa 70 volte».

Quali sono i risultati di questo lavoro?
«Recentemente mi hanno chiesto di presiedere una seduta. Io ho accettato a patto di poter incontrare, subito dopo, i sindaci della zona. Ebbene, posso dirvi che ad oggi, i sindaci aprioristicamente contrari all'opera sono solo quattro. Tutti di Rifondazione comunista. Comunque lunedì 30 giugno i tecnici finiranno il lavoro e, proprio per questo, ieri si sono riuniti in "conclave" per stilare un progetto che contenga le modifiche necessarie. Da quel momento in poi comincerà la seconda fase che ci porterà alla realizzazione dell'opera. Un'opera che si deve assolutamente fare».

Anche qui la domanda è d'obbligo: termine dei lavori previsto?
«Servono dai 15 ai 20 anni. Per questo credo che possiamo prenderci 6 mesi di tempo in più per trovare un accordo che soddisfi tutti».
Recentemente lei ha parlato di una legge obiettivo per il piano casa. Può spiegarci tempi e modi?
«Io credo che, per evitare lungaggini, si possano riprendere alcuni meccanismi della legge obiettivo. In ogni caso vorrei sottolineare che il piano casa inserito dal governo nel Dpef è molto ambizioso. Credo che solo Fanfani, prima di noi, abbia fatto qualcosa di simile. È la prima volta che il problema viene affrontato in maniera strutturale. Il piano partirà subito. Ho già nominato un sottosegretario che si occuperà solo di questo. Ogni Regione dovrà assegnare delle aree da adibire alla costruzione delle abitazioni e poi farà le graduatorie».

Insomma, si procede spediti?
«Da sindaco di una cittadina di 15.000 abitanti mi sono trovato ad affrontare molti problemi di questo tipo. Le assicuro che esistono sacche di disperazione enormi. Famiglie di quattro-cinque persone che vivono in 35 metri quadri e questo accade in un comune, come quello di Orbetello, che viene solitamente considerato ricco. È un problema serio che va affrontato subito. Ho già ricevuto la disponibilità di diversi privati».

Possiamo dire che, entro la fine della legislatura, avrete consegnato le chiavi di casa a qualche inquilino?
«Assolutamente sì anche perché, se così non fosse, avremo fallito».

Come farete con quei comuni, come Roma, che hanno poche aree a disposizione: procederete con gli espropri?

«Fin quando è possibile è sempre meglio evitare gli espropri perché significa dare il via a un processo fatto di ricorsi al Tar e proteste che, spesso, blocca i lavori per anni. Il punto è che ci sono Comuni che, pur avendo aree disponibili, preferiscono affidarle ai privati. Per questo credo che occorra fare una ricognizione completa».

A proposito di velocità. Oggi, per fare una strada, servono 18 autorizzazioni. Crede sia necessaria una nuova legge Urbanistica?
«Da anni parliamo di snellire le procedure. Molti sono convinti che questo coinciderebbe con una diminuzione dei controlli, ma non è così. Aumentiamoli pure i controlli, ma snelliamo le procedure. È indubbio, ad esempio, che il meccanismo della conferenza dei servizi fa perdere un sacco di tempo. La nostra priorità è semplificare. Non è un caso che sia stato istituito un dicastero ad hoc».

I privati sono molti interessati al piano casa, ma è così anche per le grandi opere?
«Partiamo da un assunto: nelle casse dello Stato non ci sono soldi sufficienti per realizzare le grandi opere. I privati sono molto interessati al settore ma, in cambio, chiedono allo Stato date e regole certe. La politica deve dare queste risposte. E io credo che noi possiamo farlo perché davanti abbiamo un'intera legislatura. In ogni modo vorrei ricordare che non esiste Stato in Europa capace di realizzare grandi infrastrutture con i propri soldi».

In ogni caso il Ponte sullo Stretto rimane una priorità?
«Il governo Prodi aveva accantonato l'opera e, proprio per questo, la società incaricata della costruzione rischiava di chiudere. Il mio primo atto da ministro è stato quello di inviare una lettera ai vertici dell'azienda a cui ho ribadito il carattere prioritario del Ponte. Tra l'altro, dopo la sua nomina, ho incontrato il commissario europeo Tajani che ha la delega ai Trasporti e con il quale ho parlato dei fondi che dovrebbero arrivare dall'Europa. È tutto in itinere, ma credo che entro la fine della legislatura avremo posto la prima pietra. Altrimenti vorrà dire che abbiamo fallito».

Dossier Alitalia. Ci sono novità?
«Confesso che faccio un pò di difficoltà a parlarne perché la situazione è molto delicata. Ho parlato con il dottor Passera che sta lavorando e mi ha detto che, tra 10 giorni, ci relazionerà sullo stato degli accordi raggiunti. So che ci sono diversi sono privati interessati all'operazione. Non ho parlato invece con Tremonti ma, leggendo le sue dichiarazioni, mi sembra che abbia dato speranza per una soluzione positiva della vicenda. Dalle sue parole, inoltre, ho l'impressione che il piano Ermolli sia decaduto. In ogni caso l'obiettivo del governo resta quello di dare un progetto industriale ad Alitalia. Non ci interessano piani finanziari».

Cosa può dirci invece su Ferrovie dello Stato. Il bubbone è pronto a scoppiare?
«Lo stato dell'arte è che ci sono alcune linee ampiamente attive e altre no. Detto questo sappiamo che c'è un aspetto sociale che non possiamo ignorare e che quello ferroviario è un servizio che va garantito. In ogni caso vorrei raccontarle un aneddoto. Quando ho incontrato Moretti mi ha detto che c'era una linea ferroviaria da Reggio Calabria a Bari dove, su una capienza potenziale di 600 passeggeri, ne viaggiavano in media 32 e ci costavano complessivamente 3 milioni di euro. Gli ho detto di chiudere immediatamente il collegamento. Certo la stessa cosa non può avvenire per quelle tratte che, pur in rimessa, sono fondamentali per i pendolari. In ogni caso credo che due cose vadano fatte subito: internazionalizzare le nostre ferrovie e prevedere un solo macchinista per treno. Non esistono paesi in Europa in cui ci siano 2 macchinisti. Ma per fare questo, ovviamente, serve un confronto con i sindacati».

Lei ha appena siglato un accordo che ha scongiurato lo sciopero dei Tir. Non è che i costi di questa intesa ricadranno sugli utenti finali?
«L'accordo prevede aspetti normativi e aspetti economici. Abbiamo sbloccato risorse già previste per l'autotrasporto e, contemporaneamente, ci siamo impegnati a reperirne altre. I rappresentanti degli autotrasportatori hanno firmato, me lo hanno detto chiaramente, perché hanno fiducia nel fatto che manterrò le promesse fatte. E questo mi fa sentire maggiormente responsabile».

Lei è stato sempre un fautore del dialogo, anche con i magistrati. Come vive questo momento di scontro?
«Io non ho mai fatto dichiarazioni sui magistrati perché rispetto il loro lavoro. Ma certo non posso fare a meno di notare che ce ne sono alcuni che lavorano nella aule dei tribunali e parlano attraverso le sentenze, mentre altri preferiscono parlare e fare processi in televisione. Allo stesso modo mi trovo costretto a sottolineare un certo accanimento nei confronti del presidente Berlusconi. Noi tutti ricordiamo cosa accadde nel 1994: che bisogno c'era di inviare un avviso di garanzia a mezzo stampa colpendo non solo la persona, ma l'immagine di un intero Paese? È evidente che ci sono delle anomalie. Così come trovo anomalo che il Csm esprima il proprio parere senza aspettare che il Parlamento si pronunci. Non era la Corte Costituzionale che doveva esprimere giudizi sulla conformità delle leggi?»

Come vede il percorso de Il Popolo della libertà?
«Io sono sempre stato un tifoso del partito unico. Ricordo che, quando con Fini andammo a siglare l'accordo per la lista unica, sentii che si realizzava qualcosa di più di una semplice lista elettorale. Oggi, nonostante coloro che sostenevano che la legge elettorale favoriva la frammentazione, abbiamo un sistema politico semplificato. Certo, nel centrodestra forse siamo stati meno bravi del Pd perché non abbiamo ancora fatto il partito unico, ma è una delle priorità. Tanto che presto comincerà il lavoro della commissione incaricata di stilare lo statuto e poi ci saranno i congressi. Io spero di arrivare alle elezioni europee con un partito unico».

E spera anche di recuperare Storace?
«Tutti sanno che io, fino all'ultimo, ho cercato di convincere Storace a non andarsene perché pensavo che Francesco potesse dare vita ad una propria corrente. Io non pongo mai veti sulle persone e quindi è chiaro che, se qualcuno vuole condividere idee e programmi del partito unico, è il benvenuto. Questo vale anche per l'Udc».

Il suo predecessore Di Pietro è, oggi, il più convinto oppositore del governo. Che eredità le ha lasciato?
«Di Pietro deve agitarsi, talvolta anche in maniera scomposta, per guadagnare spazi e non scomparire. Quanto all'eredità ricevuta devo dire che, in molti casi, il mio predecessore è stato costretto a bloccare una serie di opere per i veti di parte della sua maggioranza. L'elenco è abbastanza lungo ma il fatto che Di Pietro abbia condiviso l'impianto della legge obiettivo mi fa dire che ha condiviso anche il nostro progetto di realizzare infrastrutture nel Paese».

Nessun commento: