lunedì 9 febbraio 2009

FRANE A VASTO

Torna di attualità il tema “frane” a Vasto: un tema, ma soprattutto un problema, che nessuno ha potuto o potrà mai risolvere. In questi giorni si accavallano notizie che appaiono più pettegolezzi e discussioni da bar che analisi critiche e tecniche del fenomeno. Ho scritto fenomeno anche se avrei dovuto scrivere “fenomeni” perché le tipologie di frana a Vasto sono diverse e, conseguentemente, richiedono interventi diversi. Per non fare sfoggio di cultura geologica limitiamoci a quella che interessa il solito costone orientale e segnatamente via Magnacervo che da anni è “difesa” da uno, anzi due muraglioni di sostegno che, da che io ricordi, sono sempre stati la bisogna dire che il loro “mestiere” lo hanno svolto egregiamente. Sono passati tanti anni, la passata giunta regionale (di centrodestra) ha assegnato una cospicua somma di denaro, grazie alla quale si è sistemata gran parte della falesia, tra l’altro prevalentemente con interventi di ingegneria naturalistica. Interventi sufficienti? Certamente no, anche se particolarmente importanti ed utili; perché non sufficienti? Per il semplice motivo che le condizioni climatiche, l’intensità del traffico, la scarsa attenzione alla manutenzione delle infrastrutture idrico-fognanti hanno alterato le condizioni di base e di partenza delle osservazioni che hanno portato ad un certo progetto. La zona di via Magnacervo si trova su una sorta di “sperone” che separa due nicchie di frana, storicamente accertate, quella corrispondente alla frana del 1956 a sud e quella corrispondente alla frana del 1942 a nord, in pratica dell’Anghella. Questo sperone, così come quello di Palazzo d’Avalos, pur se resistente e consistente è soggetto all’erosione degli agenti atmosferici, della gravità e, naturalmente, dell’uomo. Tra l’altro mi permetto di osservare che lungo la Loggia Amblingh, appena dopo la Cappelletta della Madonna della Catena, le fessure sulla pavimentazione “sembrano” allargarsi” e, soprattutto, si ha la sensazione di abbassamento della stessa. Questo il punto: occorre conoscere se i lavori che sono stati realizzati (o in via di completamento) ora sono sufficienti (proprio perché importanti) e questo potrà avvenire attraverso il “monitoraggio”, con le opportune attrezzature, del costone orientale.

Elio Bitritto
(Nella foto, la frana del '56)

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