La ormai quindicinale questione napoletana, relativa alla cosiddetta “mondezza” puzza per natura congenita e puzza per il silenzio omertoso e per questo ancora più fetido, della grande stampa, cosiddetta ben pensante, politicamente corretta che non dice chiaramente di chi la colpa del falso “rinascimento” napoletano. Tutti, a cominciare da quelle due anime candide di Bassolino e Iervolino parlano di generiche responsabilità che vengono da lontano ma non dicono che erano tenute per mano da loro stessi; e così i giornali cominciano solo ora ad accorgersi che forse, con qualche distinguo, se, quando, ecc. si doveva intervenire prima e nessuno dice che da quindici anni gli amministratori della città di Napoli e della regione Campania sono quegli stessi amministratori che hanno rinviato le colpe ad Annibale ed ai suoi ozi di Capua. Responsabilità dunque dirette da parte di qusti amministratori di sinistra o centro-sinistra: ma anche responsabilità dei media che hanno volutamente e deferentemente omesso di indicare i veri “colpevoli”. Si tenta di attribuire le colpe alla camorra, così genericamente: forse è così ma allora è appena il caso di far rilevare l’assoluta incapacità delle sinistre ad opporsi alla camorra, incapacità che sembra sovrapporsi alla complicità. E la magistratura napoletana sta ad ascoltare le conversazioni tra Berlusconi e Saccà, certamente più interessanti sotto il profilo mass-mediatico o politico ma meno efficaci dal punto di vista della possibilità di colpire la camorra. A questo punto, se fosse vera l’ipotesi che vede la camorra protagonista dello scempio igienico di Napoli, tanto vale che la regione affidi il compito dello smaltimento dei rifiuti e della realizzazione e messa in funzione dei termovalorizzatori direttamente a questa “istituzione” che farebbe certamente far valere la sua organizzazione.
Elio Bitritto
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