Non volevamo essere precursori, né realizzare fughe in avanti, ma semplicemente partecipare ad un dibattito, che era già molto avanti nel centro destra.
All’epoca, infatti, si cominciava a discutere di partito unico ed alcuni sostenevano che un movimento giovanile, per rimarcare, ancora una volta, il suo tradizionale duplice ruolo, di avanguardia politica e di fucina di una nuova classe dirigente, avesse il dovere di iniziare a confrontarsi con portatori di identità diverse.
Tra i tanti interventi, a favore di quella ipotesi, ospitammo articoli ed interventi dei leaders dei giovani di Forza Italia e della Lega Nord, Francesco Pasquali e Paolo Grimoldi, di giovani parlamentari della Cdl, come Tato Greco e Chiara Moroni, di dirigenti di Azione Giovani e Azione Universitaria (Grillo, Donzelli, Di Caro) e, infine, di alcuni giornalisti e giovani intellettuali come Angelo Mellone, oggi editorialista de Il Giornale.
Inutile nascondere che due anni fa l’idea, riproposta da pochi all’interno di Azione Giovani in occasioni ufficiali come la Festa nazionale dei giovani di AN, non trovò molto consenso, ma, al contrario, fu apertamente osteggiata, troncando sul nascere il dibattito ed emarginando politicamente i suoi sostenitori.
Inutile nascondere oggi che, a due anni di distanza, tutti si dicono entusiasti di una prospettiva che la “rupture” berlusconiana, con la nascita del PdL, ha accelerato.
Tuttavia, esiste proprio adesso un rischio esiziale che è necessario evitare per la giovane destra italiana.
Non vogliamo parlare né di sigle, né ci interessano i contenitori, né sapere se nasceranno soggetti unitari o federazioni giovanili, ma importa affrontare il tema di come entrare e con quali contenuti per non perdere neanche un tassello di un progetto ambizioso.
Il rischio,oggi,non è solo quello di essere retroguardia rispetto a un partito, ma, non avendo seriamente affrontato la questione ed evitato, per pigrizia mentale e paura di perdere rendite di posizione, di discuterne, che alcuni non metabolizzino appieno le ragioni di un percorso che tutti, anche i vertici giovanili, conoscevano per aver letto, discusso e sottoscritto i documenti politici di AN.
Il rischio, a 40 anni dal ’68, è quello di assistere ad una nuova scissione tra vertice giovanile e base militante con la definitiva scomparsa della seconda, anche a causa di un modo diverso di concepire la politica.
A questa base, più che ad ogni altro, vanno spiegate le ragioni di una scelta resa necessaria dal mutato quadro politico, per evitare che siano attratti da chi pensa di copiare un simbolo e ripetere degli slogan per appropriarsi di una storia che non gli appartiene.
I giovani di oggi non sono quelli di ieri. La politica, con le sue strutture e i suoi modelli di partecipazione ha, oggi, canali completamente differenti rispetto alle generazioni precedenti, che vedevano nella militanza la loro unica forma di partecipazione politica.
La partecipazione giovanile con la conseguente selezione del personale politico sarà il portato di un mix tra passione e genio, tra preparazione e dedizione, tra competenze e capacità. Non varrà più soltanto richiamarsi alla militanza, al culto per i martiri, a fare la differenza, rivendicando una presunta diversità, e verginità, sempre da dimostrare, nel fare politica.
Riprendere quel dibattito oggi potrebbe avere un senso ancora più incisivo, specie se allargato anche a chi in passato era refrattario e distante da quel processo, ma che oggi ha il compito di affrontarlo, governarlo, traghettandoci in un mare più grande.
La nostra generazione non è stata capace di essere avanguardia, avendo commesso il grave errore nel non avere avuto il coraggio di aprire un dibattito, trovandosi ora impreparata ad affrontare un nuovo scenario politico.Poiché “errare humanum est, perseverare autem diabolicum”, sarebbe un delitto restare retroguardia culturale e politica. Riaprire il dibattito e porsi come riferimento per la futura costruzione del nuovo soggetto politico può rappresentare la sfida storica per la nostra generazione. Costruire un nuovo contenitore e riempirlo con le nostre idee, contenuti e valori è il modo per evitare fughe di militanti e dirigenti a cui deve essere spiegato meglio un percorso di cui tutta una generazione può ambire a diventare artefice della vittoria e protagonista del cambiamento.
Fabrizio Tatarella
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