(nella foto: Fabrizio Tatarella
esecutivo nazionale Azione Universitaria)
di Fabrizio Tatarella
Può piacere o meno a qualcuno, ma un dato appare oggettivamente inconfutabile: negli ultimi mesi, Alleanza Nazionale è stato non uno tra i partiti, ma il solo partito che ha contribuito al dibattito istituzionale e politico per riformare il nostro Paese. La destra che ci piace è questa. Quella che mobilita i suoi dirigenti e militanti per sottoscrivere un Referendum sacrosanto che mira ad eliminare i “partitini” e semplificare il quadro politico. Quella che si batte per difendere, quotidianamente, e rafforzare il bipolarismo, difficile conquista della nostra democrazia. Quella che intraprende iniziative per ridurre i costi, gli sperperi e gli sprechi della politica. La destra che ci piace è quella che crea il dibattito, che si pone al centro dello stesso, che fa politica confrontandosi non solo ed esclusivamente con i propri elettori bensì con l’intero elettorato. Mai come in questi mesi la destra è stata protagonista nel proporre idee e soluzioni ai problemi e, contestualmente, proporsi essa stessa come privilegiato interlocutore, oltre che passivo ascoltatore, dei cittadini che chiedono alla politica di parlare un linguaggio “cosmopolita”. Perché assumere posizioni su determinati temi per risolverli nell’interesse del Paese, tentando anche legittimamente di ampliare i confini del proprio consenso elettorale, non significa abbandonare i valori e la storia della destra. Perché assumersi delle responsabilità politiche significa adattare i valori alla luce del contesto che viviamo, attualizzarli in ragione dei cambiamenti che la società globale, sempre più veloce, comporta. Ciascuno di noi ha un proprio e specifico patrimonio politico e genetico irrinunciabile, immodificabile, che nel tempo si evolve senza per questo cambiare la sua identità. Ecco perché la destra che pretendiamo, quella per cui abbiamo lottato, è una destra dinamica, una destra che ragiona, che offre soluzioni, in un contesto di agibilità politica che faticosamente abbiamo conquistato, legittimandoci con il fare politica, pensando e immaginando il futuro, legati alle tradizioni e alla passione di sempre. La destra che non ci piace è quella che usa un linguaggio “da tifoso”, una destra statica, non al passo con i tempi, capace di sentire ma non ascoltare le istanze della società e limitandosi ad accontentarne soltanto una ristretta elite. La destra che non ci piace è la destra caricatura di se stessa, che ostenta il cuore, ma dimentica il cervello, la destra dimentica delle proprie origini e dei propri sogni, la destra che non sa essere artefice e protagonista del cambiamento del suo Paese nel suo tempo.
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