mercoledì 19 novembre 2008

DI PIETRO E LA LEGGE

L’état c’est moi

(Riceviamo da un anonimo e pubblichiamo) Di Pietro sprofonda sempre più in un vortice di presunzione , di giacobinismo, di identificazione con l’assoluto che neanche Luigi XIV. L’uomo che della Legge dovrebbe essere cultore, che solo a questa dovrebbe obbedire, si presta a fare il Masaniello ora degli studenti (dai quali lo separa un abisso culturale), ora dei piloti che hanno rinunciato a volare per essere terra terra. Forse scopre ora, non avendole mai fatte, le occupazioni, i cortei, gli slogan beceri e, in un tuffo di infantilismo rivoluzionario, si ritrova con Ferrando che a tutto ciò è abbondantemente aduso forse perché crede di essere al comando della corazzata Potemkin ad Odessa. Ma Ferrando lo si può anche capire è nato trotzchista e tale morirà: è Di Pietro che è fuori posto, fuori stanza, …fuori. E quel suo continuo far riferimento alla democrazia violata, ai parlamentari di maggioranza come servi, ai paragoni con l’Argentina di Videla: ma siamo sicuri che si rende conto di quel che dice? E’ possibile che nessuno dei suoi “amici” abbia capito quale sarebbe il pericolo che correrebbe l’Italia se questo energumeno del trattore avesse il potere? Se ora, in minoranza, pretende ed ottiene che il candidato della maggioranza alla Corte Costituzionale cambi e che il suo, di minoranza alla Vigilanza RAI, no c’è da essere seriamente preoccupati se le sorti dell’Italia o solo dell’Abruzzo dovessero dipendere da lui. Quel pover’ uomo di Veltroni farebbe bene a sganciarsi subito dall’abbraccio mortale del Tonino nazionale. Chissà dove farà costruire i lager per imprigionare Berlusconi e i suoi collaboratori: chissà se nel suo programma è previsto il ripristino della pena di morte visti i truculenti proclami con cui il Masaniello del 2000 eccita, sobilla le masse. Ma non si vergogna della sua immunità e della sua impudenza nel denunciare attività sovversive che esistono solo nella sua testa: non si vergogna di agitare lo spauracchio della dittatura alla cilena o alla argentina creando un clima d’odio: non si vergogna di predicare bene e razzolare male quando in nome della illibatezza del candidato, espelle un Di Matteo che ha la sola colpa di militare in uno schieramento di codardi ed imbarca gente che illibata non è? Lo perderà mai il vizio di porre veti verso questo o quello, vicino o lontano che sia dal suo schieramento? Ma Veltroni, D’Alfonso, Paolini e Marini si sono accorti che lo sprint lanciato da Tonino porterà al suicidio del Pd? Farvi fregare da un Tonino qualsiasi, voi che secondo Berlinguer siete “diversi” dagli altri perché alle spalle avete la Storia, le Masse, l’Egemonia Culturale? Ma fatevi un piacere: mandate Tonino a quel paese e riacquistate la vostra dignità, ora come ora svenduta al rustico.

KRONOS

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